Mi Dichiaro Prigioniero Politico. Storie delle Brigate Rosse by Giovanni Bianconi

Mi Dichiaro Prigioniero Politico. Storie delle Brigate Rosse by Giovanni Bianconi

autore:Giovanni Bianconi [Bianconi, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica, Storia
pubblicato: 2013-02-05T23:00:00+00:00


5. «Michele»

Da sotto il cappuccio sentì il rumore del cancello che si apriva. Una spinta e di nuovo quel rumore metallico, il cancello che si richiudeva alle sue spalle. Non vedeva niente, dal fondo del corridoio arrivavano le grida attutite dei carabinieri e di altri arrestati. Le mani erano ancora incatenate dietro la schiena.

Provò a muoversi, trovò la panca, si sedette appoggiandosi al muro e cominciò a pensare. Dopo pochi minuti si addormentò.

Dormì per quattro giorni di fila. Si svegliava per mangiare, e appena richiudeva gli occhi il sonno prendeva il sopravvento.

Poi lo portarono in un'altra caserma. Nel tragitto continuò a pensare, sempre incappucciato, alle torture fisiche e psicologiche che potevano riservargli. Si aspettava di tutto dopo che a Genova, in via Fracchia, i carabinieri avevano fatto fuori quattro compagni, nel sonno o quasi.

Al momento dell'arresto gli era andata bene, se l'era cavata con qualche calcio e qualche pugno. Anche nella prima caserma non era successo nulla, ma adesso ? Volevano altri pentiti, e le avrebbero tentate tutte per convincerlo a parlare, a rivelare nuovi segreti delle Brigate rosse. Non solo con le buone. Si fece forza e iniziò a convincersi che non avrebbe ceduto: devi resistere, se ti mostri deciso finiranno per stancarsi prima loro di te, ce la puoi fare...

Giunti nella seconda caserma, cominciarono le proposte.

- Dicci quello che sai, ti conviene, - attaccò il carabiniere.

- Non so niente, - rispose lui.

- Non è vero, sei uno dei capi.

- Sono un prigioniero politico, non ho niente da dichiarare.

La solita trafila, il tira e molla di sempre. Ma negli ultimi mesi più d'uno era crollato, e ne erano scaturiti fior di arresti. Compreso quello di Francesco Piccioni, ventinove anni, uno dei principali esponenti della colonna romana delle Br ancora in attività. Che adesso era li, ad ascoltare il suggerimento di rito a passare dall'altra parte della barricata. Senza più cappuccio in testa e con le mani slegate.

- Guarda che noi ti offriamo un sacco di possibilità, - riprovò il carabiniere.

- Non mi interessano, - tenne duro Piccioni.

- Se collabori potrai cavartela con poco carcere, quasi niente.

- Non mi interessa.

- Ti daremo una nuova identità, potrai rifarti una vita.

- Non mi interessa.

- Anche per i soldi non c'è problema.

- Non mi interessa.

Un osso duro, questo Francesco Piccioni, Franco per gli amici e «Francone» per i compagni del movimento, a causa del fisico da lottatore che l'ha sempre visto in prima fila negli scontri, sia coi fascisti che con la polizia. Anche adesso che era in gabbia, nel senso letterale del termine, non mostrava alcun cedimento, nessuno spiraglio che facesse ipotizzare una collaborazione.

- Se non ti fai aiutare dal carcere non esci più, finirai per creparci, - insistè il carabiniere, ma lui niente: - Non mi interessa.

Lo riportarono dietro le sbarre, le mani di nuovo incatenate.

L'indomani si presentarono i magistrati dell'Antiterrorismo, i più famosi. Fu scena muta anche con loro, a parte le formalità.

«Avanti a noi, pubblico ministero Domenico Sica e giudice istruttore Ferdinando Imposimato, è comparso Piccioni Francesco, nato a Napoli eccetera eccetera.



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